…due parole per presentarci
Il filo comune che ci porta a riconoscerci l’uno nell’altro può ben essere descritto dalla semplice parola “autogestione”: partire da se, dalle proprie forze per costruire il proprio futuro e quello dei propri simili, senza accettare a cuor leggero il compromesso che rende tutto più facile: sapendo che ogni compromesso fatto con se stessi è una spina nel fianco, che possiamo sopportare soltanto fino a un certo punto.
Siamo al fianco, per tanto, di chi si mette in discussione.
Pensiamo di attivarci con un luogo materiale dove poterci incontrare e condividere il pane, non solo in senso figurato, almeno una volta alla settimana. Dove riversare le eccedenze dell’orto, già che molti di noi sono, ognuno a suo modo, gente di campagna. Dove ognuno mette in comune le attrezzature che ritiene possano sopportare una simile prova.
Cercheremo di farne un luogo dove le distanze, fino ad arrivare a quelle emotive, siano azzerate, un luogo dove perlomeno sia reso semplice l’esporre agli altri un proprio problema, nel tentativo di trovarne una soluzione senza cadere nella trappola dell’assistenzialismo. Nessuno di noi ha in stima le parole servizio, utente, evento.
Siamo esploratori del vivente. Ci piace vivere la vita a piene mani, manifestando così la nostra voglia di vivere, tessendo e intrecciando una tela.
Un percorso di autogestione è un percorso di qualità della vita. Qualche buontempone potrà aver pensato che la merce di qualità debba avere il suo prezzo, e per questo sono nate le botteghe frequentate dai radical-chic, in sinergia con un processo industriale che da da mangiare a basso costo. Ma dipendendo meno dal denaro per soddisfare i propri bisogni chi vive nell’ottica dell’autogestione riprende a vivere uscendo dal ruolo di consumatore.
Ridare vita al cibo, alle arti e ai mestieri, alla cultura significa che il circolo si adopererà nella condivisione, come prosecuzione dei nostri percorsi individuali, in momenti atti a soddisfare le differenti necessità, siano queste bisogni materiali, o ludici, o di approfondimento. Fermo restando il bisogno del circolo e di chi vi fa riferimento di mantenersi in vita, vale a dire che il circolo ospiterà iniziative volte a conseguire un ricavato economico, siano esse cene di autofinanziamento o iniziative varie.
E chissà che il circolo non possa anche diventare, per chi come noi è abituato a scambiarsi favori senza ricorrere al denaro, un luogo dove chi ne ha bisogno possa organizzarsi in piena autonomia e contare sulla solidarietà e l’appoggio materiale degli altri nel sostenere un progetto. Un luogo dunque aperto a intrecciare relazioni, che si opponga nel concreto alla disgregazione che divampa nella società come un fiume in piena.