Chiudersi a Circolo: come confrontarsi con una societa’ disintegrata

Chi propone uno scenario piatto di omologazione e repressione del dissenso nel nome della civilta’ non ha certo nei suoi propositi una societa’ a tutto tondo. La linea diritta della prigione e della reclusione lascia il campo a una piattaforma di inclusione forzata, pena la segregazione volontaria da spazi pubblici e privati interdetti. Tocca chiudersi a circoli, per ritrovare coesione e fulcri intorno a cui fare i propri passi. La non sottomissione al progetto di una societa’ scientifica in cui l’orizzonte democratico e’ manovrato dall’alto prevede la non adesione alle piattaforme di espressione del dominio.

Non e’ questione di reinventare l’acqua calda, abbiamo molteplici strumenti a nostra disposizione – ma quello che piu’ ci serve lo abbiamo surgelato nella scatola cranica. Il calore servira’ per sciogliere i ghiacciai perenni che irrigidiscono le dinamiche sociali al punto di non riconoscere piu’ il rigor mortis di una societa’ che ai raggi del sole si mostra marcia e putrefatta fino al midollo.

Chiudersi a circoli implica il riconoscimento di un inizio, e di una fine, di ogni percorso, comprendere i limiti entro cui ci muoviamo: creare forme labili ma allo stesso tempo perfette, forme che si possono aprire, allargare, rimpicciolire, estendere. Cio’ che conta, e’ agire la chiusura. La comunicazione circolare e’ un fluire di coscienza ed una messa in gioco atta a trasformare il mondo in cui viviamo, e’ il trovare nel limite l’ebbrezza della barriera da abbattere. Per potersi dare degli obiettivi e lavorare per superarli occorrono forze in circolo.

Hanno disintegrato cosi’ a fondo ogni idea di societa’, erodendo la coesione che ne era a fondamento, che oggi possiamo appellarci soltanto ad un’integrita’ sepolta da strati di ideologia, religione e conformismo. Quell’integrita’ individuale dovra’ tornare a risuonare nella nostra comunicazione, nel circondario, nella nostra espressione, fuori dalle briglie dell’ideologia. La struttura sociale da rimettere al centro della nostra intenzione, in un processo espansivo, dovra’ fare i conti con bisogni e necessita’ crescenti, fuochi su cui incanalare energie. A quel gesto arcaico di condividere pane, fatica e sudore dovremo velocemente riabituarci perche’ solo nella comune organizzazione potremo allontanare l’ipocrisia servile.

Comune organizzazione non ha nulla a che vedere col fare fronte comune perche’ fare fronte tipizza le forme piatte mentre a noi interessano i cerchi. E come si possa continuare a dare credito alle forme organizzate del dominio, prima tra tutte lo stato, per noi lupi Mat rimarra’ sempre un mistero della fede.

Nelle piazze italiane, che l’opposizione popolare al green pass venga cavalcata da teste quadre armate di tricolore pare l’atteso risultato di una sinistra campagna, tanto globale quanto progressista, militar-vaccinale, all’insegna della concertazione con i poteri forti e della fede nelle soluzioni sperimentali iniettabili del libero mercato. La Cgil, alfiere dell’estensione del trattamento sanitario obbligatorio a tutti i lavoratori, merita tutto il nostro disprezzo. Non importa se destra e sinistra rappresentino facce opposte della stessa medaglia o, forse, lotte intestine tra nuovi e vecchi fascismi: quelle che rimangono nella sostanza sono le dinamiche obbligate di chi non vuole mettere in discussione i meccanismi del potere e se ne fa braccio, piu’ o meno armato.

Chi non vuole appiattirsi sulle parole d’ordine dei mass merda fara’ bene a tenere a mente gli avvertimenti del vecchio lupo Mat. La responsabilita’ storica dell’aver abbandonato il campo della lotta e i lavoratori, lasciando immensi spazi di agibilita’ politica a un coacervo di testone quadre, sovranismi new age e braccia tese e’ interamente del globalismo progressista, quel vicolo cieco di benpensante ipocrisia di cui si fa da tempo interprete la sinistra. Il fitto parlamentare che sta nascendo tra piu’ o meno ufficiali sovraintendenti all’ordine pubblico ed aspiranti capibastone di greggi confuse e’ solo la punta di un iceberg miscelato al plutonio.

La resistenza non abita adunate, commemorazioni, e neanche di impotenza manifestazioni. Abita altrove, nei limiti da superare, nell’ottica circolare da incarnare – quella e’ l’ottica giusta che non ti offusca la vista – lontano dal gregge, fuori da ogni pista – okkio al lupo mannaro anarco taoista

Riflessioni sul passaporto sanitario

La scelta governativa dell’istituzione di un passaporto sanitario per poter andare … a lavorare… mette in conto l’aperta discriminazione di chi osteggi la narrativa ufficiale relativa alla pandemia, pur di arrivare volenti o nolenti all’istituzione del ministero della verita’.

Qualsiasi sapiens, con cervello autonomo in dotazione, rabbrividisce di fronte a quella che viene presentata come un’opzione “insindacabile” in quanto “sorretta dal metodo scientifico”, per le evidenti analogie ai regimi autoritari del passato. Nel totalitarismo morbido,  o come preconizzato mezzo millennio fa da La Boetie’, nel tempo della servitu’ (oggi reclusione) volontaria, violenza fisica e coercizione diventano mezzi arcaici (… pur sapendo che, quando servono, i nostalgici non mancano mai …) ma la maggior parte del lavoro di irregimentazione e’ prettamente psicologico.

Lo spargere terrore alla bisogna e’ da sempre stato compito dei mass media, nel ruolo di quarto stato, ma nel conflitto tra giornalismo e controinformazione gioca un ruolo di primo piano la figura del debunker, novello cortigiano del minculpop (ministero della cultura popolare).

L’incapacita’ di ragionare e discernere con la propria testa e’ un potente risultato di (anni? decenni? secoli?) di vacanza cerebrale, la famosa ginnastica d’obbedienza che inizia presto nella vita sociale: nelle istituzioni di ogni ordine e grado, a scuola, in parrocchia, al lavoro.

Pensare l’uomo come animale gregario e’ un’idea del potere, riuscita alla fine a travalicare i confini, un tempo ristretti, dell’establishment culturale. Se un tempo, un secolo fa, essere di “sinistra” significava essere ancorati a idee di emancipazione, di sciogliere catene e costrizioni, nell’ottica di un ipotetico progresso sociale, oggi il soggetto sociale homo sapiens e’, nel poco fervido immaginario comune, soppiantato da un nuovo soggetto, l’homo tecnologicus.

Ritorna in auge l’icona sempreverde del capitalismo, quel falso self made man forgiato ad arte, alla bisogna, al passo coi tempi della scienza & della tecnica. L’omologazione alla nuova norma diventa un requisito necessario per accedere a una realta’ … aumentata, quel tanto che basta, per contraffarre una vita all’insegna della sottomissione e della perdita di autonomia.

Un self made man che, nella perdita di ogni possibilita’ di controllo sulla propria vita e sulle proprie scelte, diviene gregario per necessita’, rappresenta un’antica profezia che viene a compimento: quella della natura maligna e disumanizzante del potere.

L’unico progresso perseguito dall’orgia dei tecnocrati riguarda l’assoggettamento globale al campo di forza prescelto. Per entrare a pieno titolo nell’era del transumanesimo tocca abbandonare feticci e categorie dell’arcaico passato: usare l’intelletto e’ roba da boomers, totalmente decontestualizzata in un inferno presente di interiorizzazione dell’attitudine smart.

Tra le poche armi a nostra disposizione figura la passione, quella passione per la liberta’ che e’ piu’ forte di ogni autorita’. Un campo minato da molteplici interferenze, atte a screditarne sia la potenza che il significato, che e’ ora piu’ che mai necessario rimettere al centro del se`: non esiste nulla di piu’ automatizzato di un razionalista svuotato di ogni empatia.

La storia si fa nelle piazze ma si consuma nelle aule di tribunale

La storia si fa nelle piazze ma si consuma nelle aule di tribunale

(l’autore dello scritto usa il plurale maiestatis per volonta’ di potenza)

Non ha molto senso partire dalle accuse di un pubblico ministero e amplificate da scribacchini in costante ricerca di affiatamento col padrone per tirare a campare. Uno sbraitare che non ci interessa minimamente.

Gli ideali di giustizia e liberta’ a cui diamo corpo fanno parte di una lunga tradizione, che mai si e’ sopita e mai si sopira’ semplicemente per il fatto che e’ un portato della vita, della passione, e soprattutto della non rassegnazione al mondo di merda in cui ci vogliono rinchiudere.

Un mondo di umiliazione, sopraffazione ed algoritmica prepotenza, un mondo normalizzato all’accettazione di ogni imposizione.

E cosi’ quel giorno, nella gestione militare inaugurata al g8, con grate di ferro alte 3 metri per nascondere quattro stronzi, decine di sbirri in assetto antisommossa con i loro lanciagranate ci volevano gasare, e in effetti ci sono in parte riusciti.

Ma ancora fischiava il vento in corvetto, e respingeva i gas al mittente, andando a stazionare sulla ventina di teste rasate costrette ad inalazione perpetua.

Tecnicamente, e’ stato l’operato del vento, in sinergia con l’azione dei tutori dell’ordine, a disperdere il comizio del partito fascista legalmente ricostituito.

E quando le vetrine di Mangini sotto il colpo delle granate della polizia sono andate in frantumi, abbiamo tutti pensato – e’ vero – all’esproprio delle fragranti brioche del merda, ma – lo ripeto – e’ stata solo compartecipazione psichica.

uno dei partecipanti ai “fatti di piazza corvetto” del maggio 2019

25 Aprile 2021

25 aprile 2021

il vecchio racconta che solo i pesci morti nuotano nella corrente e, da quel lontano 1945 ad oggi, la corrente - diventata un fiume in piena - ha divelto ogni argine.

Certo bisogna farne di strada, da una ginnastica d'obbedienza,fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza
Però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni

La narrazione, nella pretesa autonomia delle scienze dal consesso delle arti, si è fatta nel tempo sistema. Un sistema di liquefazione politica, in cui i valori e i riferimenti adottati, oramai informi, assumono via via le sembianze dei diversi containersche li ospitano.

Arrivando da decenni di avallamento delle forme più estreme di marketing dello stesso stantio prodotto, che porta il nome di società civile, ci troviamo oggi di fronte alla liquidazione di intere comunità e al loro fatalistico upgradetecno-sociale.

Nuotiamo nella corrente madre di tutte le incomprensioni, un oceano, popolato da zombies, chiamato senso civico.
Possiamo venir educati alle buone maniere, alla cura e al rispetto verso il prossimo, alla solidarietà. Ma al senso civiconon vieni educato bensì istruito.

Nell'implementazione del set di istruzioni del nuovo ordine mondiale, nell'atto di trasformare il libero arbitrio in obbedienza, il primo stepè rappresentato dalla paura, il secondo dalla perdita di fiducia nell'umanoin quanto tale, il terzo dalla catastrofe.

Fanculo ad Alexa, all'avvento del feticcio intelligenza
artificiale
,alla piccola talpa autoritaria e all'aquila imperiale.

Rimbocchiamoci le maniche, insieme, per riafferrare il timone della storia. Il treno determinista corre a folle velocita' lungo il binario morto, le sue carrozze politiche ammuffite. Ricominciamo a camminare.

la nostra passione per la libertà è più forte di ogni autorità

 

Io ero Sandokan

(tratta da C'eravamo tanto amati, di Ettore Scola - Musica di Trovaioli)

intro:
Am
D
Am
D
Am

Am
E
Am
F
G
C

Marciavamo
con l'anima in spalla nelle tenebre lassù

F
G
E
Am
F
G
E

Ma
la lotta per la nostra libertà il cammino ci illuminerà

Am
E
Am
F
G
C

Non
sapevo quale era il tuo nome neanche il mio potevo dir

F
G
E
Am
F
G
Am
D
Am

Il
tuo nome di battaglia era Pinin e io ero Sandokan

Am
E
Am
F
G
C

Eravam
tutti pronti a morire ma della morte noi mai parlavam

F
G
Am
E
Am

Parlavamo
del futuro se il destino ci allontana

F
G
Am
F
G
Am
D
Am

Il
ricordo di quei giorni sempre uniti ci terra

Am
E
Am
F
G
C

E
ricordo che poi venne l'alba e poi qualche cosa di colpo cambiò

F
G
Am
E
Am

Il
domani era venuto e la notte era passata

F
G
Am
F
G
Am

C'era
un sole su nel cielo sorto nella libertà.