Tea? No grazie. non siamo inglesi.

Riceviamo ed inoltriamo questo appello ricevuto da Cambiare il Campo, relativo alla manifestazione del 14 Giugno a Parma contro i nuovi Ogm, TEA, in ambito agricolo. Stiamo preparando un incontro al circolo per Sabato 31 Maggio in cui ci confronteremo sulla questione.

A presto aggiornamenti

FERMIAMO I NUOVI OGM (TEA) A PARMA ED OVUNQUE.

E’ dagli anni 80 che le grandi corporation portano avanti una campagna per la conquista di una posizione di monopolio nella produzione di cibo
a livello globale. ( L’esatto contrario della politica di ‘filiera corta’ che ogni persona ragionevole si auspica venga incentivata).
Questa operazione che talvolta assume i tratti del conflitto armato si
sviluppa su più livelli:

Il Land Grabbing (1), che vede l’usurpazione di grandi superfici nei
paesi del sud del mondo da parte di vecchie e nuove forze coloniali.
Non pensiamo che questa pratica non ci riguardi. Se in alcune parti del
mondo i terreni fertili e le foreste tropicali vengono convertiti in
colture industriali causando l’annientamento delle comunità e degli
ecosistemi locali questo si ripercuote anche sui nostri territori. In
parte con l’inevitabile afflusso di persone in cerca di un luogo in cui
vivere. Soprattutto per il ben più problematico arrivo di prodotti a
basso costo che impongono alle realtà locali condizioni di concorrenza
insostenibili.

La latifondizzazione (2) : processo di concentrazione dei capitali e
delle superfici agrarie mediante strumenti economico-finanziari, che
vede in tutto l’occidente le aziende familiari dover cedere il proprio
posto ed i propri beni a poche grandi aziende se non alle compagnie
multiazionali. (In Italia dimezzamento delle aziende in 20 anni, in
Europa la metà delle terre coltivate sono gestite dal 3% delle
aziende). In questo processo riveste un ruolo cruciale il sistema di
contributi in agricoltura e l’introduzione di processi high-tech e di
macchinari enormi che favoriscono le grandi aziende che coltivano
grandi superfici. Questi metodi inducono anche la necessità di
“standardizzare’ la produzione. Quindi cloni e monocultura.

La distruzione dei modi di vita tradizionali e la proletarizzazione di
enormi masse contadine: Quello cui assistiamo oggi in Asia, in America
Latina od in Africa con lo spopolamento delle zone rurali e
l’emigrazione di massa verso baraccopoli immense o nazioni
economicamente dominanti è la riproposizione in grande scala di quello
che hanno attraversato i nostri nonni nel corso del ‘900 quando
l’industria alla ricerca di manodopera ha saccheggiato di braccia e di
memoria i monti e le campagne, affamati da secoli di sfruttamento di
stampo feudale. Ogni alluvione ci ricorda il costo di aver etichettato
come ‘improduttivi’ ed abbandonato tutti i luoghi non adatti ad uno
sfruttamento intensivo e meccanizzato. Così come la spessa coltre
violacea che si stende come un mare guardando verso nord dall’appennino
tosco-emiliano è uno dei segni eloquenti dei costi dell’iper-sviluppo
finalizzato al profitto di lobbies finanziarie nazionali e straniere.
Respirare veleno è forse un segno di raziocinio e civiltà (3)? Da
essere persone quasi totalmente autosufficienti ed in grado di
interpretare ed agire nel (proprio) mondo in autonomia, siamo ridotti
ad una massa di soggetti infantilizzati totalmente incapaci di aver
cura di sé e dei propri cari. Con conoscenze così specializzate da
risultare scandalosamente inutili al di fuori di un contesto
professionale. Completamente dipendenti per il soddisfacimento di ogni
bisogno, compresi quelli essenziali, da un sistema di produzione
globalizzato che lascia tutte e tutti alla mercè delle fluttuazioni di
borsa e dei piani di poche, potentissime, spesso clinicamente
psicopatiche, persone. Il Boom economico si è sgonfiato da un pezzo e
noi ci ritroviamo con la guerra di nuovo alle porte, ma con un
territorio, una società, ed una cultura avvelenati da 70 anni di
spettacolo, ciminiere e diserbanti.

Le colture Geneticamente Modificate hanno un ruolo fondamentale in
questo processo di spoliazione di beni comuni, di libertà e di dignità.

Grazie al sistema dei brevetti aggravano la privatizzazione del cibo
fino a sancire la proprietà delle linee genetiche ed imporre i propri
prodotti al mercato. (4)

Sono di soia e mais GM le gigantesche monoculture che devastano regioni
immense (nell’ordine di decine di migliaia di ettari) di tutti i
continenti. Saranno OGM le monocolture italiane, secondo i piani del
CREA e delle lobbies biotech. Ad esempio quella della vite per la
produzione di prosecco e di spumante, quella del pomodoro da industria,
quella del kiwi e del melo o del nocciolo che stanno causando danni
gravissimi ai territori interessati. (5)(6)(7) Per tutte queste specie
(escluso al momento il nocciolo) sono state presentate richieste di
sperimentazione di varietà manipolate con tecniche NGT o TEA. Cui
aggiungere riso, frumento, basilico, melanzane, peri, pompelmi. Un
paniere completo di varietà vegetali ‘Made in laboratorio’.

E’ peculiare il caso di edivite: spin off dell’università di verona
protagonista della sperimentazione in pieno campo di viti geneticamente
modificate. In questa operazione emergono chiaramente due elementi:

Uno dei meccanismi classici con cui si privatizzano i profitti derivati
dalla ricerca pubblica: la creazione di start-up a capitale misto o
completamente privato che sviluppano e commercializzano prodotti
derivati dai risultati della ricerca ‘di base’. (8)

L’attivismo delle istituzioni universitarie nel promuovere campi di
ricerca più dispendiosi e più attrattivi per l’industria a discapito
dell’interesse comune (9); anche la retorica secondo cui il danno
ambientale sarebbe compensato dalla creazione di posti di lavoro e
dalla ridistribuzione della ricchezza è ampiamente smentita da tutti i
dati che hanno visto gli occupati in drastico calo ed i profitti in
continua ascesa. Gli elementi principali per la produzione di margini
di guadagno sempre più rivelanti stanno proprio nell’esternalizzazione
dei costi ambientali e sociali, di cui le aziende non si fanno carico e
nello sfruttamento dei lavoratori. Il nostro paese è tristemente noto
per le forme schiavistiche con cui si organizza il lavoro agricolo
attraverso la figura dei ‘caporali’ che reclutano per le aziende
interessate la manodopera a salari da fame di persone spesso rese
irregolari quindi ricattabili e senza nessuna tutela.

Sono GM i mangimi con cui si ingrassano animali (spesso GM pure loro)
nei lager chiamati allevamenti intensivi. Questi luoghi orrendi
costituiscono, oltre che uno scandalo etico, una eccezionale fonte di
inquinamento ed un inaccettabile serbatoio di super batteri. La
produzione industriale di carcasse è prima di tutto un allevamento
specializzato di batteri resistenti agli antibiotici e di possibili
zoonosi. Il caso dei batteri resistenti, generato dal tentativo
criminale di supplire con la chimica farmaceutica alle condizioni
oscene in cui vengono mantenuti gli animali, oltre ad essere un enorme
problema sanitario è una formidabile dimostrazione di come una politica
produttiva condotta in forma di ‘guerra alla natura’ è destinata a
fallire miserabilmente. I microorganismi si evolvono più velocemente
delle tecniche di laboratorio. Non arriveranno un supercomputer o nuove
tecniche genetiche a cambiare questo semplice fatto. Il passaggio dalla
chimica alla biotecnologia, di cui gli OGM sono uno degli aspetti
chiave, è solo la forma con cui l’industria guidata dalla tecnoscienza
vuol continuare a trarre profitti da territori e da vite già spremuti
al massimo delle possibilità attuali. L’inquinamento del genoma segue
quello già gravissimo di acqua (10), aria e suolo. Ed ovviamente dei
nostri stessi corpi (e del nostro senso critico).

Anche la biotecnologia ha già dato ampiamente prova dei suoi insuccessi
(11).

“La domanda di carne di maiale magra ha portato l’industria suina a
selezionare maiali che non solo soffrono di più di problemi agli arti e
al cuore, ma che sono più soggetti a irritabilità, paura, ansia e
stress. Gli animali troppo stressati preoccupano l’industria perché
l’animale stressato produce più acidi e la qualità della carne ne
risente. Quando il professor Lauren Christian della Iowa state
University annunciò nel 1995 di avere scoperto ‘il gene dello stress’
l’industria lo rimosse dal genoma pensando così di risolvere il
problema. Sfortunatamente i problemi con le carni sono aumentati e i
maiali hanno continuato ad essere così stressati che persino un
trattore che passi vicino ai capannoni in cui sono rinchiusi può
uccidere gli animali.

L’impostazione riduzionistica che descrive una relazione univoca tra
singoli geni e fenomeni complessi come lo ‘stress’ è ormai ampiamente
smentita (12). Questo non ha dissuaso l’industria e la scienza dalle
proprie mire di controllo.” (J.S. Foer, Se niente importa, perché
mangiamo gli animali? Guanda editore)

Altri esempi significativi del fallimento totale dell’ideologia
biotecnologica sono: il mais bt. prodotto aggiungendo tratti genetici
del bacillus thuringensis (un fungo utilizzato come pesticida in
agricoltura biologica). Il risultato è stato quello di rendere alcuni
insetti resistenti alle tossine del bacillus rendendolo oltretutto
inutilizzabile da chi ne faceva un uso corretto. Già 10 anni fa l’EPA
(Environmental Protection Agency) statunitense chiese di limitare l’uso
di mais GM e di intervenire con corrette pratiche agricole, prima su
tutte la rotazione delle colture, per tentare di limitare una invasione
di diabrotica resistente che distruggeva le colture. La stessa
coldiretti, oggi tra i principali sponsor delle TEA, denunciava il
sistematico aumento dell’uso di pesticidi là dove si era imposto l’uso
di varietà ingegnerizzate già nel 1999. Non è in nessun modo
sostenibile, infatti nessuno lo fa al di là degli slogan pubblicitari,
che le ‘nuove’ tecniche di editing genetico risolvano problemi come
quello della resistenza che i patogeni acquisiscono con impressionante
facilità.

Anche le erbe infestanti acquisiscono resistenza agli erbicidi così che
si genera una corsa sfrenata a produrre varietà sempre più modificate
per resistere a dosi sempre maggiori di veleni vecchi e nuovi.

Trenta anni fa ci furono grandi mobilitazioni. Gli sforzi generosi di
chi ha offerto tempo e passione, a rischio della propria sicurezza, per
questa causa, hanno fermato la produzione di OGM in Europa. Ma ecco che
al solito ciò che viene messo alla porta si ripresenta dalla finestra o
torna attrezzato per sfondare tutto ed entrare comunque. Così i TEA non
si presentano a caso accompagnati da una pressante campagna per la
diffusione di impianti nucleari contro cui si sono espressi ben 2
referendum. Impianti indispensabili (in aggiunta alle energie
finto-green che stanno assumendo grande importanza nel bilancio della
distruzione estrattivista in Italia) per la realizzazione
dell’industria 4.0 che vede anche il comparto agricolo ristrutturato a
suon di droni, sensori e centraline satellitari. Referendum rimasti
lettera morta anche per quel che riguarda la gestione pubblica
dell’acqua altra grande questione che riguarda tutte e tutti. Specie in
agricoltura.(13)

Crediamo opportuno che chiunque abbia a cuore l’ambiente e la propria
salute ed aspiri ad una società umana libera di evolversi sgravata
dall’oppressione parassita della finanza e del grande capitale debba
mobilitarsi oggi contro la folle corsa verso il disastro
ipertecnologico ed ultraliberista di cui l’introduzione generalizzata
di Organismi Geneticamente Modificati costituirà un importante
passaggio.

Conosciamo bene la frustrazione ed il senso di impotenza di chi
ostinatamente continua a battersi contro progetti transnazionali
sostenuti da interessi così potenti e spietati da non curarsi dei
disastri che causano né tantomeno delle legittime obiezioni di chi a
ciò si oppone.

Le difficoltà e lo sconforto non possono essere alibi per continuare ad
accettare che gli stati di cui siamo cittadini continuino il programma
di ‘valorizzazione’ del pianeta che ne sta comportando la crisi
ecologica ogni giorno di fronte ai nostri occhi.

Siamo noi occidentali che per primi dobbiamo essere disposti a cedere
una parte della nostra opulenza e del nostro privilegio per
riequilibrare la distribuzione delle risorse del pianeta terra verso i
gruppi umani che non vi hanno accesso e verso il non umano senza il
quale la nostra sopravvivenza non è possibile.

Non è più il tempo di fare le battaglie per il reddito, di rivendicare
una vita agiata per noialtri mentre assistiamo in diretta allo
sterminio del popolo palestinese. Di chiedere di essere inclusi nel
sistema che comporta la devastazione dell’ecosistema tutto. È tempo di
ripensare la nostra idea di benessere, la nostra idea di ricchezza.
Occorre smentire una volta per tutte la novella che narra di fonti di
energia che non costano nulla. Quando una macchina compie un lavoro
destinato ad un essere umano non è detto vi sia un risparmio di energia
ma al contrario spesso ne è richiesto un consumo enormemente maggiore.
Ciò è tanto più vero tanto più è complessa l’infrastruttura di cui
questa è componente. Fino al parossismo dell’agricoltura 4.0 con i suoi
sensori, le sue centraline, i suoi satelliti ed i suoi datacenter.
Quando coltiviamo cibo noi stiamo producendo energia. Il bilancio
energetico dell’agricoltura industriale è così mostruosamente
inefficiente che nessuno può seriamente affermare che sia
eco-sostenibile sfamare il mondo con i droni e gli OGM. Una quantità
sbalorditiva di gigawatt di energia vengono consumati ogni giorno
perché non ci sappiamo orientare nei luoghi che abitiamo e ci facciamo
trasportare dai navigatori. Perchè chiediamo al telefono ogni maledetta
informazione senza mandare a memoria un tubo. Fa fatica persino
ricordare. E faticare è brutto. Lo fanno i poveri. Si può faticare solo
in palestra dopo aver consumato una quantità di proteine che sfamerebbe
un villaggetto in Africa.

La sinistra progressista e borghese continua a spacciare l’utopia
mercantile di un mondo dove, sbarazzatisi di qualche cattivone
capitalista potremo finalmente stare in panciolle mentre una grande
fabbrica automatizzata produrrà ciò che è necessario alla vita di una
popolazione intenta nello svolgere i propri hobbies, fare sport,
viaggiare, gustare aperitivi. L’idea è che se in tutto il mondo si
potrà vivere in questo modo tutti saranno finalmente felici. Anche
ammesso che tutto il mondo voglia plasmarsi a immagine dell’occidente,
cosa totalmente falsa, residuo odioso dell’universalismo missionario e
coloniale, è noto e fuori discussione che non vi siano risorse
materiali per attuare questo disegno. È solo un mito creato dalla
necessità del capitale di estendere i propri mercati; la
giustificazione delle imprese coloniali impegnate via via
nell’esportare il vangelo, il progresso, la democrazia. Ed una
confortante scusa per godere del proprio privilegio senza odiosi sensi
di colpa. I proletari sanno che tutto questo non avverrà mai. Che il
potere e la ricchezza non verranno ridistribuiti spontaneamente da
coloro che cospirano costantemente per concentrarne nelle proprie mani
quote sempre maggiori Ed eleggono nazifascisti. Per essere almeno i
primi tra gli ultimi.

I proletari conoscono invece la fatica. La forza del proprio corpo che
lavora. Lavoro che può irrobustire o usurare o uccidere. Il lavoro di
una persona libera, lo sfruttamento di chi sta sotto il giogo del
padrone, dello stato, del sistema industriale.

I proletari conoscono la violenza. Quella che subiscono ogni giorno col
ricatto del salario o dell’indigenza. La violenza di dover obbedire col
rischio di poter rimanere senza casa, senza risorse, senza sostegni. I
poveri conoscono la violenza di poter essere venduti e comprati, usati,
trasportati, rinchiusi, seviziati.

Il sistema di produzione e consumo in cui ci siamo ritrovati incastrati
si alimenta crudelmente e senza sosta di ogni forma di vita e di
energia.

Affinchè un reale cambiamento del contesto globale avvenga dobbiamo
essere i primi ad essere disposti a cambiare realmente le nostre vite.
Rifiutarsi di proseguire sulla strada della guerra totale per il
controllo di risorse sempre più rare.

Ciò significa fare delle rinunce. Al molto di superfluo di cui ci
circondiamo. Soprattutto rinunciare al conforto morale di un comodo
attivismo dopolavoriale. Se la rivoluzione non è un pranzo di gala,
l’insurrezione non è una sfilata variopinta e l’ecologia non è il
capitalismo del silicio e del litio. Nè può limitarsi alla coltivazione
di verdure biologiche. In un momento in cui le possibilità
dell’opposizione legale sono confinate ad un sommesso borbottare per il
realizzarsi dei programmi spudorati del potere è necessario fare un
discorso serio sulle modalità, le forme, gli strumenti con cui
affrontare le nostre mobilitazioni. Con cui esercitiamo la nostra
azione politica. Le basi su cui impostare la discussione dovranno
essere i nostri desideri, le nostre possibilità e le nostre attitudini
etiche, pratiche. Il codice penale dovrà essere considerato un rischio
da tenere in considerazione. Mai un fondamento morale cui riferirsi. Al
di là dei limiti delle democrazie in sé, l’attuale assetto statale ha
perso gran parte delle caratteristiche di una democrazia liberale. E’
bene che coloro che intendono realmente opporsi ai disegni che vanno
delineandosi affrontino una riflessione che prenda atto dello stato
delle cose.

Le comode vie della protesta simbolica e dello sdegno un po’ ipocrita
hanno perso ogni credibilità. Non hanno nessuna forza. Il modello del
contropotere ha preso così tante batoste che può essere promosso solo
da chi ignora completamente la nostra storia nazionale degli ultimi 50
anni (Genova 2001 compresa). Da chi fa finta che le sollevazioni
popolari del mediterraneo arabo non siano state soppresse da feroci
regimi militari. Oppure da chi utilizza il movimento come leva per
acquisire posizioni personali.

Non possiamo più delegare la fatica del vivere. Non dobbiamo più
delegare l’organizzazione delle comunità umane al sistema della finanza
globalizzata o agli stati nazionali. Non vogliamo più delegare le
azioni necessarie a ridimensionare le pretese di un gruppo dirigente
sempre più esclusivo e strafottente.

Iniziamo qui e ora a riprenderci la terra, a riappropriarci del nostro
tempo, del nostro lavoro, delle nostre intelligenze. Celebriamo La Vita
che nonostante tutto sorge continuamente. Celebriamo le vite
innumerevoli nella loro diversità.

Abbandoniamo le strade battute della concertazione e del compromesso.
Quantomeno non limitiamoci a quelle.

Mostriamoci disponibili a mettere in discussione la nostra tranquillità
e la nostra sicurezza perché ne possano avere un po’ coloro che non ne
hanno per niente. Non chiediamo giustizia. Pratichiamola!

Smettiamo di lamentarci ed impariamo a mettere in discussione per
davvero da un punto di vista pratico, strategico, logistico lo status
quo che ci raccontano immutabile.

Per quanto tempo ancora ci sottrarremo alle nostre responsabilità?

Per approfondimenti:

(1) I padroni della terra: rapporto sull’accaparramento della terra
2022, FOCSIV (2) Liberare la terra dalle macchine, manifesto per
in’autonomia contadina e alimentare; Atelier Paysan; Libreria Editrice
Fiorentina (3) Rapporto qualità aria ARPAE 2023 (4) Perchè fermare i
nuovi OGM; S.Mori, F.Paniè; TerraNuova
(5) https://www.marciastoppesticidi.it/index.php?option=com_tags&view=tag&id[0]=66&Itemid=1579&lang=it (6) M.Ciervo Il pomodoro da industria in Italia;
(7) https://it.ejatlas.org/conflict/noccioleti-a-viterbo
(8) http://www.lab-ip.net/le-imprese-spin-off-della-ricerca-pubblica/
(9) https://ilsalvagente.it/2021/04/23/119219/ ; https://serenoregis.org/2019/09/20/ecco-come-il-pentagono-condiziona-e-finanzia-la-ricerca-scientifica-in-italia-antonio-mazzeo/ ; https://home.ba.infn.it/~nicotri/sito-nardulli/HIGHTECH.html
(10) note sull’inquinamento da pesticidi in Italia; ISPRA rapporto
nazionale pesticidi nelle acque
(11) https://fr.boell.org/it/2023/03/09/ingegneria-genetica-colture-ogm-piu-pesticidi (12) Su genetica ed epigenetica si veda il blog Nuova Biologia della Drsa Daniela Conti
(13) S.Albertazzi, Agricoltura industriale e acqua nella pianura
piacentina.